Il basso Michele Pertusi, interprete di Philippe II a Lione nella produzione della versione originale in francese di Don Carlos, ci racconta come ha conquistato nella maturità della propria carriera il grande ruolo verdiano che oggi è fra i suoi prediletti
Un uomo forte sul trono, fragile nel privato...
“Così vorrei far percepire, nel meraviglioso involucro della musica di Verdi, questo personaggio complesso che racchiude in sé tanti sentimenti contrastanti”
Non sono pochi gli artisti italiani che prendono parte all’attuale stagione dell’Opéra de Lyon, a cominciare ovviamente dal brillantissimo Direttore Musicale del teatro Daniele Rustioni, al suo primo anno d’insediamento stabile. Tra i cantanti spicca Michele Pertusi, 52 anni, basso di fama internazionale che deve la sua straordinaria carriera non solo a una voce e a una presenza scenica fascinose ma all’intelligenza con cui ha saputo orientare la propria naturale versatilità su opere, stili, personaggi diversi creando interpretazioni tanto esemplari quanto avvincenti. Rossiniano di classe, donizettiano irresistibile sul versante comico e perfetto su quello propriamente belcantistico esteso anche a Bellini, la sua conquista più recente sono stati i ruoli verdiani fino ad approdare al più ambito, Filippo II. Ed è in questa veste che ora si presenta all’Opéra de Lyon nel Don Carlos, versione francese originale e integrale del capolavoro di Verdi e secondo titolo del festival a lui dedicato, in una nuova produzione allestita da Christophe Honoré, con Daniele Rustioni sul podio. Pertusi affronta per la prima volta la versione francese dell’opera. Alla vigilia dell’andata in scena, l’abbiamo intervistato su questa e su altre esperienze da lui vissute in Francia.
Ha già cantato prima d’ora all’Opéra de Lyon?
In scena una sola volta, nel 2007, come Mahomet ne Le Siège de Corinthe di Rossini, con la direzione di Maurizio Benini e in un allestimento di Massimo Castri. Vi sono poi tornato con tre opere in forma di concerto: I Puritani nel 2012, Semiramide nel 2014 e Zelmira nel 2015, tutte e tre dirette da Evelino Pidò.
L’Opéra de Lyon è ritenuto un teatro d’eccellenza a livello europeo. Secondo lei, per quali particolari caratteristiche?
E’ un teatro che col tempo ha saputo trovare un giusto equilibrio nelle scelte artistiche fra tradizione e innovazione, fra opere di grande repertorio, riscoperte e novità. Possiede masse artistiche di livello assoluto ed è un teatro dinamico, proiettato nel futuro
Canta spesso in Francia? E trova differenza fra i teatri italiani e quelli francesi? E fra il loro pubblico?
Nel lontano 1987 a Nantes feci il mio debutto fuori dall’Italia con Leporello del Don Giovanni. In seguito ho cantato in diversi teatri francesi da Caen a Nancy, Marseille, Avignon, Toulouse e naturalmente a Parigi all’Opéra Bastille e Garnier, al Théâtre des Champs Elysées, alla Cité de la Musique, alla Philharmonie, alle Sale Gaveau e Pleyel. Mi sono trovato benissimo ovunque e non credo che ci siano troppe differenze fra i teatri francesi e quelli italiani. Forse noi italiani siamo più portati all’improvvisazione mentre i francesi sono più metodici. Ma la tradizione e la storia operistica dei due Paesi porta ai più alti livelli produttivi. Quanto al pubblico, è attento, appassionato e competente come da noi. E sa accogliere con calore gli artisti
Torniamo a Filippo II. Lei ha atteso la maturità prima di far proprio il personaggio: quando e dove?
Ho debuttato nel ruolo al Festival Verdi di Parma, la mia città, nel 2016. L’ho poi ripreso alla Scala sotto la direzione di Myung-Whun Chung, sempre nella versione italiana ma rispettivamente in quattro e in cinque atti, il che non incide su Filippo II in quanto non compare nell’atto primo. Né si differenzia da quella italiana la versione francese, se non per lingua che io credo di possedere discretamente. Quanto all’aver affrontato tardi il personaggio, i motivi sono due: uno pratico ed è che non mi era mai stato offerto un progetto concreto prima della proposta del Festival Verdi; l’altro tecnico-espressivo, perché ho voluto aspettare di essere pronto vocalmente ma soprattutto a livello dell’interpretazione.
Quali i tratti che gli ha conferito?
Filippo è una personalità complessa, nella quale confluiscono visioni politiche e sentimenti privati contrastanti: la difficoltà di governare un impero immenso, il timore che il potere temporale soccomba a quello di una Chiesa assolutista, la solitudine del monarca e dell’uomo che soffre per un matrimonio infelice e un difficile rapporto con il figlio. Tutte queste componenti del suo dramma, dentro il meraviglioso involucro della musica di Verdi, dovrebbero essere comprese e illuminate dall’interprete per farle arrivare al pubblico. Vorrei che il mio Filippo venisse percepito come un uomo forte nel suo ambito regale e fragile nel privato. E ciò nel contesto di una disciplina musicale e tecnica che non travalichi mai la raffinata scrittura verdiana. Nel caso di questa versione, senza mai perdere la peculiarità di uno straordinario capolavoro dell’opera francese composto da un italiano. Spero di riuscire nel mio intento. Filippo è sicuramente uno dei personaggi che amo di più rappresentare sulla scena
Altri ruoli prediletti, fra i tantissimi che ha interpretato?
Due grandi ruoli francesi, Don Quichotte di Massenet e Méphistophélès del Faust di Gounod, che purtroppo ho interpretato raramente. Don Chisciotte, il “pazzo sublime” è una figura poetica e struggente, portarlo in scena è un’esperienza straordinaria. Il diavolo di Gounod è ironico elegante, attrattivo, rassicurante, convincente: meglio di così!…Del repertorio italiano amo particolarmente i ruoli verdiani, ne ho cantati tanti ma intendo continuare con i pochi che mi mancano. Poi non posso dimenticare quelli di Rossini, Mozart, Donizetti e Bellini che hanno accompagnato una parte importante della mia carriera: Maometto, Guillaume Tell, Alidoro, Don Giovanni, Dulcamara, Don Pasquale, il Conte Rodolfo
Progetta altri debutti?
Presto aggiungerò alla mia ‘collezione’ verdiana Massimiliano ne I masnadieri. E sarò Marcel ne Les Huguenots di Meyerbeer. Ma per un pizzico di scaramantica riservatezza non dirò in quali teatri
I suoi prossimi impegni in Francia e in Italia?
Sarò all’Opéra Garnier di Parigi tra giugno e luglio per una nuova produzione del Don Pasquale, che verrà ripresa nella primavera del 2019. Mentre in Italia sarò al Comunale di Bologna come Fiesco nel Simone Boccanegra e al prossimo Festival Rossini di Pesaro nel Barbiere. Non mancherò in autunno il Festival Verdi di Parma, nel Macbeth inaugurale. E nel 2019 tornerò alla Scala in un’opera di Verdi, ma non posso dire quale.