La sua fama d’interprete fra i più versatili del repertorio lirico, conquistata fin dagli esordi in Italia, trova conferma in una carriera internazionale che da Berlino a Tokio, da Parigi a Montecarlo, da Monaco a Ginevra, da Siviglia a Zurigo per citarne solo alcuni riferimenti, è stata sempre all’insegna del successo. Successo coronato da otto anni di direzione stabile sul podio di un teatro europeo d’eccellenza, l’Opéra Royal de Wallonie a Liegi. Ora Paolo Arrivabeni, classe 1963, mantovano, chiamato a inaugurare il Festival Verdi 2019, dirige per la prima volta a Parma, la città dove ha compiuto i suoi studi al Conservatorio Arrigo Boito. “Un debutto che sognavo quando, studente, mi capitava di passare davanti al Teatro Regio o di entrarvi per assistere a qualche spettacolo dal loggione. Ora il sogno si avvera”.
Come mai dirige solo oggi a Parma?
Non saprei dirlo, gli eventi di una carriera musicale sono spesso e per loro natura casuali. Ma a me fa immenso piacere questo debuttto perché mi lega più che mai a una città che amo e che, grazie al festival oltre che alla grande tradizione del suo teatro, è diventata una delle capitali italiane della musica
Ritiene che il Festival Verdi abbia conquistato piena importanza e spicco internazionale?
Ne sono convinto. innanzitutto come imprescindibile punto di riferimento della filologia che, in stretto rapporto con l’Istituto di Studi Verdiani, consente di eseguire le opere in edizione critica. Poi perché il suo risalto tra i festival d’autore, pari solo a quello del Rossini di Pesaro, fa onore al nostro Paese e diffonde la conoscenza profonda e diretta del nostro repertorio operistico in tutto il mondo. Lo dimostra anche la crescente percentuale di pubblico straniero tra i frequentatori che arrivano ogni anno a Parma
Il repertorio verdiano è fra quelli prevalenti nella sua attività?
Sicuramente. Se dovessi contare le opere che ho eseguito ed eseguo, certamente quelle di Verdi risulterebbero al vertice insieme a quelle di Donizetti e di Rossini.
Aveva già diretto I Due Foscari?
Sì, una volta a Liegi e una a Marsiglia ma entrambe in forma di concerto, una casualità anche in questo caso. E sono felice di dirigerle in scena, tanto più con un regista con il quale ho già collaborato felicemente per una Bohème al Festival di Macerata, spettacolo tra quelli che porto nel cuore
Recentemente sembra che lei abbia intensificato le sue presenze in Italia rispetto all’estero. Negli ultimi mesi ha diretto al Carlo Felice di Genova, al Rossini Opera Festival, al Comunale di Bologna e ora, dopo Parma, sarà al Lirico di Cagliari. C’è un motivo?
Non c’è un motivo se non il fatto che noi musicisti per lavoro abbiamo come patria il mondo. E’ vero che sono stato molto attivo all’estero ma non per una scelta voluta. Ed è altrettanto vero che mi fa piacere lavorare più spesso in Italia e non solo perché qui ho casa e famiglia. Come credo faccia piacere a tutti i musicisti italiani orgogliosi di appartenere al Paese dov’è nata e dove prospera l’opera lirica.
© Opéra Royal de Liège Wallonie / Lorraine Wauters