Daniele Rustioni è uno dei direttori di spicco della nuova generazione italiana. A fine settembre aprirà la sua prima stagione come direttore musicale dell'Opera di Lione, il secondo in Francia, nel 2017 Opera Award del miglior Teatro d'Opera dell'anno .Ci parla della sua relazione con Lione, dove ha già diretto tre spettacoli, e dei suoi progetti, ricchi e diversi. (Ved. presentazione stagione Lione su questo sito)
Prima della nomina a Direttore Musicale, lei era già stato ospite dell’Opéra de Lyon: quando e in quali occasioni?
La prima volta fu nel 2014, un doppio debutto perché venni invitato a dirigere il Simon Boccanegra, partitura che avevo conosciuto come assistente di Pappano al Covent Garden ma che non avevo mai affrontato personalmente. E opera, come si sa, molto affascinante e complessa per la sua genesi, sfociata in uno dei massimi capolavori verdiani. Subito toccai con mano l’eccellenza dell’orchestra e del coro lionesi. Esperienze per me non meno straordinarie furono quelle successive, sul podio de La Juive di Halévy e di Eine Nacht in Venedig di Johann Strauss. Quando diressi il Concerto di Capodanno 2017, avevo già ricevuto la nomina e mi sentii di casa…
Che cosa, in particolare, l’aveva colpita positivamente in questo teatro?
Oltre alla qualità di orchestra e coro, la loro grandissima professionalità che si manifesta, ad esempio, nelle lunghe prove in calendario sia per gli spettacoli sia per i concerti, cosa oggi divenuta assai rara nelle istituzioni musicali pur importanti. L’Opéra de Lyon è considerata il secondo teatro lirico di Francia e uno dei maggiori d’Europa, con un vasto e fedele pubblico non solo locale e francese. L’ha confermato il premio internazionale Opera Award vinto nel 2017 come miglior teatro lirico dell’anno. Ne va riconosciuto il merito al direttore Generale Serge Dorny, manager illuminato e direttore artistico con un’estetica ben chiara riguardo ai programmi, alle produzioni degli spettacoli, alla scelta delle compagnie di canto, dei registi, dei musicisti da impegnare sul podio operistico e su quello sinfonico. Con lui ho avuto e ho un’intesa che mi lusinga e mi fa sentire fortunato
Per il suo insediamento ufficiale nella Stagione d’opera, all’apertura il 9 ottobre prossimo, dirigerà il War Requiem di Britten in versione scenica. Ci illustra questa scelta?
Il Requiem di Britten prevede una certa spazialità, con due orchestre di cui una sinfonica nella fossa e una da camera in palcoscenico, appena tre solisti ma molto impegnati nell’azione narrativa. Io, che ebbi l’occasione di assistere a un emozionante Requiem di Verdi in forma scenica, sono convinto di questa scelta. Inoltre la sala dell’Opéra di Lione, particolarissima per il suo ambiente scuro e per l’uso delle luci, a mio parere favorisce la concentrazione e crea un’atmosfera ideale per la visione e l’ascolto di quest’opera. La messinscena è di Yoshi Oida, regista ideale per un titolo che deplora la guerra e predica la pace, perché affonda nella sua diretta conoscenza della tragedia di Nagasaki.
Per l’apertura della Stagione sinfonica, il 23 settembre, proporrà un programma russo, da Una notte sul Monte Calvo a Canti e danze della morte di Mussorgski, alla Sinfonia n.5 di Ciaikovski. Cui seguirà, in febbraio, un concerto aperto dalla Sinfonia n.7 di Beethoven e poi dedicato a Ravel e Poulenc. Ha in mente una linea programmatica precisa per i suoi concerti?
Penso piuttosto a scelte aperte, improntate a una grande varietà di repertorio e tenendo conto, naturalmente, dell’insieme degli appuntamenti concertistici, che nel 2016-17 saranno una decina più sei della cameristica.
Ma l’impegno maggiore, in questo suo primo anno sarà Il Festival Verdi con il quale l’Opéra de Lyon vuol dare il benvenuto al suo nuovo Direttore Stabile che, milanese di nascita e di studi musicali, per citare le parole di saluto che le sono state rivolte, “ha in Verdi le sue radici e il ramo principale del suo albero genealogico.
Parole che mi onorano. E ancor più mi onora l’avermi affidato la direzione di questo festival, teso a illuminare tre opere che hanno in comune la riflessione di Verdi sul potere: Don Carlos, Attila, Macbeth. L’altissima tensione musicale che le accomuna nonostante la loro diversità di clima drammatico e di stile, le rende estremamente affascinanti per un direttore d’orchestra cui è data la possibilità di accostarle. Di Don Carlos abbiamo scelto la versione originale francese in cinque atti del 1867, ancora poco rappresentata, offerta integralmente senza tagliare neppure le danze e con incluso anche il brano poi inserito da Verdi nel “Lagrimosa” del suo Requiem. Il regista Christophe Honoré ne annuncia una visione teatrale filtrata da uno sguardo contemporaneo. La compagnia riunisce cantanti di provata vocazione verdiana. Un cast d’alta classe è anche quello di Attila, intorno al protagonista Dmitri Ulianov, di rigore in un’opera dalle estreme difficoltà vocali, che sarà data in forma di concerto a Lione e al Thèâtre des Champs Elysées di Parigi che lo coproduce. Quanto al Macbeth, nella versione riveduta per Parigi del 1865, sarà la prima ripresa di uno spettacolo d’impronta shakespeariana ma estremamente innovativo, firmato da Ivo van Hove e lanciato con grande successo nel 2012.
Quali progetti ha per il suo futuro a Lione?
Progetti per me entusiasmanti. Ci sono all’orizzonte due nuove produzioni: del Mefistofele di Boito e de L’incantatrice di Ciaikovski, la prima un’opera che fu popolarissima e che ha tutte le qualità per tornare ad esserlo, la seconda sconosciuta e meritevole di una scoperta. Poi Guglielmo Tell nella versione francese, un grande impegno musicale, vocale e spettacolare. E per proseguire il filone delle opere in forma di concerto, che nei teatri francesi sono seguite da un vasto pubblico, Nabucco ed Ernani. Più una serie di concerti sinfonico-corali ai quali tengo molto
Oltre a Lione, ha diretto spesso in Francia? E le piace dirigere in questo Paese?
Ho debuttato all’Opéra National di Parigi con Butterfly e vi sono tornato quest’anno con Rigoletto. Così al Festival de Saint Denis con Stabat Mater. E al Teatro Antico di Orange con Turandot. Sì, mi piace dirigere in Francia dove i direttori italiani, come spesso ho constatato d’accordo con i miei colleghi, sono accolti con particolare favore dalle orchestre e dal pubblico
© Cofano
© Walter McBride - Getty (Ivo van Hove)
3 commenti
Ho letto con interesse questa bella l' intervista al M° Rustioni. I progetti, il cammino e la fiducia dei giovani musicisti nel loro lavoro sono fonte di ispirazione e speranza .
Sono grata a Luciana Fusi per la sua capacita' di individuare giovani culturalmente e professionalmente capaci dando a noi che la leggiamo, la possibilità di conoscerli e apprezzarli attraverso le sue intelligenti interviste.
Interessante sapere il Maestro Rustioni nuovo direttore musicale all'opera di Lione. Un artista che apprezzo. Congratulazioni e un grande in bocca al lupo al nostro bravo Maestro !