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Editoriali
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Claudio Abbado a quattro anni dalla morte

Edito gennaio-marzo 2018

Claudio Abbado a quattro anni dalla morte

Guy Cherqui — 26 Gennaio 2018

Ogni anno ci allontana della morte di Claudio Abbado, ma ogni anno ci fa sentire molto e la sua assenza e la sua presenza. Si dice che quelli che non ci sono più sono ancora più presenti. Per il melomane deve essere quanto più vero che ogni concerto ascoltato oggi, con un programma che fu una sera o tante serate diretto da Claudio Abbado lo fa sorgere nel nostro cuore e nella nostra memoria. E non si tratta di ricordo, ma di “tempo ritrovato”.
Si tratta di una vera presenza, in sottofondo, e in tensione con l’esecuzione “reale” del giorno, della sua musica, presente in sovrapposizione.
Non si tratta di affermare neanche che al di fuori di Claudio, tutto è perduto : ci saranno sempre nuovi miti, nuove interpretazioni, nuovi direttori per alimentare la nostra sete di musica       ed è bene così, e così l’avrebbe voluto anche lui.
Ma si tratta di affermare che il caso di Claudio Abbado è speciale.
Si tratta di affermare una singolarità : quale direttore contemporaneo ha lasciato tante tracce nel nostro spirito e il nostro cuore ? Quale direttore contemporaneo si è visto dietro di lui un’armata di fans, senza averla del tutto suscitata, lui che era sorpreso e divertito da questi ascoltatori sistematicamente presenti ai suoi concerti ? Ma quale direttore contemporaneo ha fatto anche dalla musica il suo unico mezzo di comunicazione efficiente ?

Una visita a Berlino è doverosa, dov'è depositato ormai il “fondo Claudio Abbado”, i suoi libri, le sue partiture annotate, i suoi dischi anche. Si sarebbe potuto pensare che l’Italia volesse conservare questo tesoro senza lasciarlo andare…ma no, Berlino che Claudio ha tanto segnato, e che ha tanto amato anche,  lo tiene in deposito perché Claudio appartiene non ad un paese, ma ad un universo che quello di tutti, fuori da frontiere e nazioni.
Milano, Vienna, Berlino (ma anche Londra) …un percorso che traccia l’Europa della cultura, l’unica che abbia valore, e l’unica che esista da secoli. Che Berlino raccolga le tracce del gabinetto delle meraviglie di Claudio Abbado è anche emblematico di una città che è (e fu) malgrado gli incubi della Storia, une delle città più aperte del nostro mondo, dove regna ancora, pieno d’iniziative e di vivacità, il suo amico Daniel Barenboim, altro esempio di umanità e di apertura in uno stile più fiammeggiante.
Una delle definizioni le più giuste, e sentite, fu data da uno dei suoi stretti collaboratori : Planet Abbado. Si, Claudio è ancora un universo, uno spazio infinito nel quale continuiamo a perderci. La grande lezione di Claudio è la sua capacità a federare la gente con la sua sola presenza. Si sa che parlava poco durante le prove – e certi gli hanno rimproverato -, ma si sa che ascoltava la gente, e che adorava lavorare con giovani : le orchestre giovanili, ECYO, GMJO, ma anche la Simon Bolivar del Venezuela, con la quale ha avuto un rapporto stretto durante gli ultimi anni, erano i satelliti di questo pianeta. Al di là dei risultati impressionanti, al di là delle numerose incisioni, al di là delle fondazioni di orchestre, Claudio Abbado ha fatto dalla musica la sua esclusiva compagna che ha condivisa con tutti. Per me rimane ancora un membro per sempre della mia famiglia spirituale.

La luce non è ancora spenta.

 

Quest'articolo è stato scritto da Guy Cherqui

Claudio AbbadoDaniel Barenboim

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