Gioachino Rossini (1792-1868)
Il Barbiere di Siviglia (1816)
Dramma comico in due atti
Libretto di Cesare Sterbini da Le barbier de Séville, di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Federico Santi, direttore d’orchestra
Federico Graziani, regia
Alberto Malazzi, maestro del Coro
Manuela Gasperoni, scene
Stefania Scaraggi, costumi
Daniele Naldi, disegno luci
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Il Conte d’Almaviva, Diego Godoy
Bartolo, Marco Filippo Romano
Rosina, Cecilia Molinari
Figaro, Vincenzo Nizzardo
Basilio, Andrea Concetti
Berta, Laura Cherici
Fiorello, Nicolò Ceriani
Un ufficiale, Sandro Pucci
Ambrogio, Massimiliano Mastroeni
Successo di pubblico per un Barbiere di Siviglia non brillante nella concertazione, e alquanto tradizionale nella regia, al di là delle intenzioni. Ben assortita, tra interpreti giovani e altri più esperti, la compagnia di canto, che si disimpegna positivamente. Nell’insieme, uno spettacolo discreto, che nel prossimo giugno il Comunale presenterà, accanto al recente Rigoletto, nella tournée che attende il Teatro bolognese in varie città del Giappone.
Sarà oggetto della prossima tournée in Giappone, dal 16 al 26 giugno – insieme al Rigoletto firmato da Alessio Pizzech per la regia – il nuovo allestimento del Barbiere di Siviglia di Rossini, prodotto dal Teatro Comunale di Bologna, con il sostegno di Automobili Lamborghini. Un Barbiere agile, a colori vivaci, ma decisamente convenzionale. Manuela Gasperoni disegna una scenografia semplice, che si cambia a vista e sa di cartone animato, con la facciata di una casetta e antistante giardino nel primo atto, e un’ampia soffitta nel secondo. In questi spazi, la regia di Federico Grazzini – con costumi di Stefania Scaraggi e luci di Daniele Naldi – si dispiega su linee tradizionali, al di là degli intenti metateatrali, dichiarati nel programma di sala, e che in scena si riducono a poche idee, tipo le due insegne che calano dall’alto al principio e alla fine, o la palla di demolizione che appare nei finali d’atto. E non convincono l’ouverture inutilmente sceneggiata, né il coro iniziale, dotato di uniformi militari e minacciosi strumenti da banda, del tutto incongrui alla situazione. Più vivace la presentazione di Figaro come autentico factotum e tuttologo, da giardiniere a imbianchino a postino.
Il tutto non è sostenuto granché dalla latitante incisività della concertazione di Federico Santi, sul podio di orchestra e coro (quest’ultimo istruito da Alberto Malazzi), che per parte loro adempiono onestamente ai propri compiti. La direzione di Santi è pulita, e asseconda i cantanti ; ma è uniforme, e poco energica quando la partitura richiede lo scatto dinamico e la verve che pulsano nelle vene della vicenda. Certo, tra regia e direzione d’orchestra, ci vuole abilità per rendere a tratti noioso il primo atto di un Barbiere…! La compagnia di canto ha visto, per l’ultima replica, l’innesto di Diego Godoy nei panni del Conte d’Almaviva, e di Vincenzo Nizzardo in quelli di Figaro. Giovani entrambi, si sono disimpegnati abbastanza bene. Il tenore Godoy ha dato al suo Conte bello smalto vocale e nitida dizione ; considerata la freschezza di mezzi, avrà tempo di consolidare il maggior peso interpretativo, e quindi la proprietà stilistica, che occorrono al suo personaggio. Ben incamminato nel ruolo di Figaro è il baritono Vincenzo Nizzardo, che assolve con disinvoltura il movimento attribuitogli dal libretto e dalla regia. Interessante la sua stoffa vocale, che insieme alla futura maturazione artistica promette di procurargli ulteriore profondità espressiva.
Cecilia Molinari – anch’ella molto giovane, ma temprata da formative esperienze pesaresi – è una Rosina dal velluto pieno e omogeneo, appropriata nel fraseggio come nelle agilità e nella nitidezza del canto ; acquistando la mordacità e il brio dovuti al personaggio, diventerà impeccabile. Buffi di lungo corso si sono confermati Marco Filippo Romano e Andrea Concetti. Il primo è un Bartolo perfettamente in parte, sia sul piano scenico sia su quello vocale, dove esibisce una sicurezza interpretativa e una gamma di accenti che scandiscono la sua figura a tutto tondo. E così il Basilio di Andrea Concetti, che al timbro e al peso della sua vocalità affianca doti interpretative e attoriali che completano ogni sfumatura del personaggio. Spiritosa come occorre è la Berta di Laura Cherici, che risolve efficacemente la sua aria. I comprimari Nicolò Ceriani, apprezzabile Fiorello, Sandro Pucci, un ufficiale, e Massimiliano Mastroeni, Ambrogio, completano la schiera.
Quest'articolo è stato scritto da Francesco Arturo Saponaro