Giuseppe Verdi (1813-1901)
Luisa Miller (1849)
Melodramma tragico in tre atti
di Salvatore Cammarano
dall’opera teatrale Kabale und Liebe di Friedrich von Schiller
Coro dell’Opera di Monte-Carlo
con allievi di FIPAC-Monaco
Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo
Direttore d’orchestra Maurizio Benini
Maestro del coro Stefano Visconti
Studi musicali Kira Parfeevets
Il Conte di Walter, Vitalij Kowaljov
Rodolfo, suo figlio Roberto Alagna
Federica, Ekaterina Sergueïeva
duchessa d’Ostheim
Wurm, In-Sung Sim
castellano di Walter
Miller, vecchio soldato Artur Ruciński
Luisa, sua figlia Aleksandra Kurzak
Laura, contadina Antonella Colaianni
Un contadino Vincenzo Di Nocera
Esecuzione in forma di concerto
Unica serata da tutto esaurito per Luisa Miller di Giuseppe Verdi in forma di concerto all’Auditorium Ranieri III. Per l’occasione, che vede il debutto della coppia Alagna-Kurzak nei rispettivi ruoli di Rodolfo e Luisa, l’Opera di Monte-Carlo mette insieme un’eccellente distribuzione vocale con la coppia Alagna-Kurzak tra cui spiccano anche il baritono Artur Ruciński e il basso Vitalij Kowaljov, sotto la solida guida del Maestro Maurizio Benini.
“Non stimo inutile un breve confronto tra la prima e la seconda maniera, onde il lettore possa ricevere un qualche lume a meglio studiare e intendere la musica del Verdi. […]
Nella prima maniera ha il predominio l’atteggiamento grandioso, il quale attesta l’influenza delle ultime opere del Rossini. Ma accanto al grandioso sta l’appassionato, che non meno di quello signoreggia la musica di questa maniera.[…]
Nella seconda maniera, il grandioso diminuisce o cessa al tutto, ed ogni personaggio non rappresenta altri che sè solo. La passione, imperciocchè individuata, non abbisogna di tanta esagerazione ; laonde il canto, come che appassionato, procede più tranquillo. Le cantilene sono meno larghe, e più leggiere ; i ritmi più mobili, e più scoperti ; i motivi, in generale, più orecchiabili, e volgari.[…]
La Luisa Miller è la prima Opera degna di figurare in capo alla nuova maniera del Verdi. Venne questa rappresentata in Napoli nel dicembre 1849, con ottimo successo.”
(Studio sulle opere di Giuseppe Verdi di A. Basevi,
Firenze, 1859, pgg.156 e sgg.)
Un caso, raro, di fortunata e lungimirante critica contemporanea : a “soli” quarant’anni Abramo Basevi (1818–1885), un medico toscano prestato alla musica, nel primo studio importante dedicato alle opere verdiane individua con precisione il passaggio di un compositore che cresce : dalla prima fase di una carriera che lo aveva visto protagonista di passioni corali e slanci risorgimentali ad una nuova drammaturgia figlia della consapevolezza dei risultati raggiunti e della necessità di indagare nuove vie.
L’attenzione si concentrerà sempre più su protagonisti alle prese con le passioni del quotidiano, solo per convenienza di volta in volta dissimulate per non turbare pruriginose sensibilità contemporanee.
Dissimulati tra forme che Verdi sta a poco a poco mandando in pensione, sono importanti gli spunti musicali che lasciano intravedere la piena maturità dell’Autore : non anticipazioni da ricordare per future citazioni ma piuttosto prova generale di atmosfere che a breve saranno sviluppate in forma compiuta, come la lettera di Luisa dettata da Wurm o il duetto del terzo atto Luisa-Miller (comune è il linguaggio orchestrale con la Traviata) o, ancora, l’incontro Luisa-Federica, degno a tratti della raffinatezza sottile dello scontro Aida-Amneris.
Se non si trattasse di una, ed unica, recita in forma di concerto saremmo dunque solo formalmente nel Tirolo della prima metà del XVII secolo per questo riuscitissimo concerto dell’opera di Monte-Carlo che vede una distribuzione all star per il debutto di Roberto Alagna nel ruolo di Rodolfo.
Il tenore franco-siciliano non ha deluso la aspettative mettendo in luce anche in questo ruolo le caratteristiche di una voce idealmente tenorile, dal timbro argentino, corposa nei centri, tecnicamente solida in tutta l’estensione.
In secondo piano passano episodiche tensioni sui pochi estremi acuti e nell’articolazione dei recitativi sulle note di passaggio, che nulla tolgono ad una interpretazione sottile, dal fraseggio vario ed espressivo, sostenuta come sempre da eccellente dizione. Grande momento della serata è il suo Quando le sere al placido sicuro e dal fraseggio per nulla scontato.
Molto applaudita dal pubblico anche la prova di Aleksandra Kurzak, compagna di vita del tenore, ed anche lei al debutto nel ruolo. Con voce lirica di bel colore omogeno nell’estensione ha disegnato una Luisa in crescendo, precisa ma prudente nella vocalità del primo atto e più a suo agio nella seconda parte. Gli scarti all’acuto del primo e del secondo atto costringono più volte la voce in posizione scomoda, i duetti con Miller e Rodolfo del terzo la vedono pienamente a suo agio per il timbro vocale ideale e la coinvolgente interpretazione.
Terzo trionfatore della serata, il baritono polacco Artur Ruciński sfoggia voce brunita e granitica, tuttavia monocorde e con acuti dall’appoggio incerto. Un fraseggio piuttosto convenzionale e avaro di sfumature non giova, certamente, alla definizione di un ruolo stereotipato, che guarda ormai troppo a Donizetti e dal contrasto mortificante con quel Rigoletto che avrebbe fatto scalpore di lì a poco.
Eccellenti i due bassi Vitalij Kowaljov, giunto in sostituzione del previsto Adrian Sâmpetrean, e In-Sung Sim, con una esecuzione del finissimo duetto narrativo del secondo atto L'alto retaggio non ho bramato da antologia per la resa della parola verdiana. Kowaljov, in particolare, sfoggia voce morbida e pastosa, tecnicamente sicura in tutta l’emissione, acuti emessi senza sforzo e ben proiettati.
Da ricordare ancora per timbro caldo tipico delle voci slave e voce imponente la Federica di Ekaterina Sergueïeva, giovane interprete dai mezzi importanti che fanno ben sperare per futuri ruoli da protagonista, all’altezza del cast le prove di Antonella Colaianni e Vincenzo Di Nocera.
Alla testa della locale Orchestra Filarmonica, precisa come d’abitudine, la solida direzione del Maestro Maurizio Benini prende quota mano a mano che procede lo spettacolo.
Se non convince, soprattutto nella prima parte dell’opera, la propensione ad abusare di rallentando e stringendo continuamente inseriti a sottolineare momenti di sospensione musicale al termine di arie o sezioni di musica orchestrale, la mano è sicura nel guidare le diverse sezioni strumentali, l’ottimo coro dell’Opera e i cantanti in ogni dettaglio.
Si giunge così ad un terzo atto toccante, anche per via dell’elevata qualità delle pagine musicali, che rapisce l’attenzione del pubblico.
Al termine dello spettacolo applausi convinti per tutti gli interpreti, particolarmente intensi all’indirizzo di Alagna, Ruciński e Kurzak.
Quest'articolo è stato scritto da Paolo Malaspina