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Otto giornate piene di musica, sul filo rosso dell'esilio

La folle Journée (La Giornata folle) Al via la 23a edizione di un festival che continua ad attrarre migliaia di spettatori

Otto giornate piene di musica, sul filo rosso dell'esilio

Luciana Fusi — 14 Gennaio 2018
Nantes, dal 31 gennaio al 4 febbraio

È questo il tema di La folle journée de Nantes 2018, dal titolo "Un mondo nuovo": panoramica sui grandi compositori che, in ogni epoca, hanno dovuto lasciare il proprio Paese e rifugiarsi all'estero. Vivendo esperienze che hanno rivoluzionato la produzione musicale del loro tempo.
La
folle journée de Nantes è uno dei Festival di musica classica più importanti in Europa, con 150mila spettatori in una settimana a Nantes, città storica francese tra fiume (la Loira), e oceano (a poca distanza).

 

L’attrattiva maggiore di La folle journée de Nantes, il più originale, ricco e vivace dei festival francesi, è la ricchezza delle proposte articolate intorno a un tema preciso. Accade anche per l’edizione 2018, la ventitreesima, (dal 26 al 28 gennaio in alcune località del Pays de la Loire e dal 31 gennaio al 4 febbraio nel capoluogo Nantes). Come suggerisce il titolo “Vers un monde nouveau”, al centro vi sono i compositori  che per ragioni politiche furono costretti ad abbandonare il proprio  Paese e a rifugiarsi all’estero. Così Rachmaninov, che la Rivoluzione del 1917 spinse a lasciare l’amata Russia per gli Stati Uniti dai quali non sarebbe più tornato ; o Prokofiev che invece, dopo aver fatto la stessa scelta nel 1918, si lasciò convincere dal regime sovietico a tornare nel 1936 finendo i suoi giorni da esiliato in patria. Così i tanti che l’ascesa del nazismo e del fascismo cacciò dall’Austria, dalla Germania, dall’Est europeo come Schoenberg, Zemlinsky, Korngold, Weill, Hindemith, Bartók, Martinu, ma anche dalla Francia e dall’Italia come Milhaud e Castelnuovo Tedesco. Mentre fu la guerra civile spagnola a portare Joaquin Rodrigo a Parigi dove scrisse il suo Concerto di Aranjuez impregnato di nostalgia. Caso diverso fu quello di Dvoràk che scelse, per così dire, un esilio volontario trascorrendo qualche anno a New York e lasciandosi felicemente ispirare, nella sua celebre Sinfonia del Nuovo Mondo ma non solo, dalla musica popolare americana. E più vicini a noi nel tempo, l’ungherese Ligeti che decise di trasferirsi a Vienna dopo la fallita rivoluzione del 1956 e l’estone Arvo Pärt che emigrò oltre confine, colpito dalla censura sovietica. Mentre Stravinsky non fuggì propriamente dalla Russia natale ma se ne allontanò per seguire un’esistenza cosmopolita, pur sotto la spinta di circostanze drammatiche dalla Rivoluzione Russa alla prima e alla seconda Guerra mondiale. Tornando in patria solo nel 1962, dopo aver composto tutti i suoi capolavori in Svizzera, in Francia e negli Stati Uniti dove rimase fino alla morte.

René Martin

“Decisi che avrei puntato su questo tema appassionante cinque anni fa”, racconta il fondatore e direttore artistico di La folle journée, René Martin, che ha fra le sue benemerenze un altro importante festival francese, quello pianistico de La Roque d’Anthéron. “Ma non pensavo che oggi sarebbe stato tanto d’attualità. Vorrei mostrare in una vasta panoramica quanto l’esilio abbia non solo segnato la vita dei singoli compositori ma, in ogni momento storico, abbia rivoluzionato la musica”.

Un illustre precedente era stato, nell’Ottocento, l’esilio in Francia di Chopin che dalla Polonia, a seguito dell’insurrezione contro la dominazione russa, vi giunse a vent’anni senza più tornare in patria e che, se nelle Mazurche e Polonaises ribadì il suo legame con il Paese natale al di là del folclore, con la sua immensa produzione pianistica aprì inedite e vertiginose prospettive all’arte della tastiera. Tutti questi citati e altri musicisti, cui si aggiungono quelli che in epoca barocca si avventurarono in terre straniere come Lulli, Haendel o Scarlatti, s’intrecciano negli oltre cinquanta concerti in programma sfoggiando un repertorio di titoli celebri oppure rari, tanti da rendere impossibile riassumerli in poco spazio. Lo stesso vale per i numerosissimi interpreti che sfileranno nelle sale della Cité des Congrès di Nantes , trasformata in Città della Musica per dar spazio agli appuntamenti sinfonici o da camera e a conferenze, librerie, negozi di dischi, ristoranti e caffè.

Kremerata Baltica

A titolo rappresentativo citiamo la Kremerata Baltica con Gidon Kremer direttore e violinista, gli ensemble barocchi Concerto Köln e Doulce Mémoire, le quattordici orchestre regionali e i dodici gruppi corali, il Trio Wanderer e il Quartetto Modigliani e alcuni nomi di particolare spicco fra gli oltre settanta celebri solisti quali il violoncellista Raphael Pidoux, i pianisti Denis Matsuev, e Anne Queffèlec e Boris Berezovsky, il clarinettista Philippe Berrod, la flautista Sarah Louvion.

Trio Wanderer

Difficile, per chi non ne ha fatto l’esperienza, immaginare come sia possibile concentrare armoniosamente in pochi giorni un’offerta musicale tanto ricca e variegata.  Ma l’organizzazione pratica del festival, la distribuzione dei concerti nell’arco di ogni giornata dalle 10,30 alle 23,  l’accoglienza e le guide a disposizione del pubblico (150mila spettatori nell’edizione 2017, con una significativa presenza di giovani e di scolaresche) sono impeccabili. Ognuno trova facilmente quel che cerca e volendo, fra un concerto e l’altro, fra una conferenza, un incontro con gli artisti e un’occhiata ai negozi di libri e dischi, può passare l’intera giornata immerso in un mondo musicale dalle coordinate perfette. Ristoranti, caffè e ampi spazi con divani e poltrone sono studiati per un piacevole relax.  L’atmosfera è quella di un festival per tutti, autenticamente popolare. Da anni la sua formula viene esportata con successo : quest’anno La folle journée sarà in Giappone fra aprile a maggio, in Russia e in Polonia a settembre.

Crediti foto: © Marc Roger
© Hiroyuki Ito (Gidon Kremer)
© Francois Sechet (Trio Wanderer)

Quest'articolo è stato scritto da Luciana Fusi

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