Francesco Cilea (1866-1950)
Adriana Lecouvreur (1902)
Opera in quattro atti
Libretto di Arturo Colautti
Coro dell’Opera di Monte-Carlo
Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo
Nuova produzione, in coproduzione con l’Opera
di Saint-Étienne e l’Opera di Marsiglia
Direzione musicale Maurizio Benini
Messa in scena Davide Livermore
Scene Davide Livermore & GIO FORMA
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Nicolas Bovey
Coreografia Eugénie Andrin
Maestro del coro Stefano Visconti
Adriana Lecouvreur, della Comédie Barbara Frittoli
La Principessa di Bouillon Marianne Cornetti
Mad.lla Jouvenot, socia della Comédie Diletta Scandiuzzi
Mad.lla Dangeville, socia della Comédie Loriana Castellano
Maurizio, Conte di Sassonia Roberto Alagna
Michonnet, direttore di scena Alberto Mastromarino
alla Comédie
Il Principe di Bouillon Alessandro Spina
L’abate di Chazeuil Luca Casalin
Poisson, socio della Comédie Enrico Casari
Quinault, socio della Comédie Antoine Garcin
Maggiordomo Domenico Cappuccio
Nuova produzione di Adriana Lecouvreur in occasione della Festa Nazionale del Principato di Monaco. Davide Livermore mette in scena la composizione di Francesco Cilea ricreando la figura della gran diva del settecento con un omaggio al divismo dei primi anni del novecento, emblematicamente rievocato in Sarah Bernhardt. Coprotagonista, per una volta, la guerra che balza in primo piano nel racconto e lo rende più credibile.
Sul palco due star della lirica, Barbara Frittoli e Roberto Alagna, al meglio delle loro attuali possibilità, ben dirette dal Maestro Maurizio Benini.
La guerra in scena : la prima guerra mondiale vissuta nella capitale Parigi, all’epoca del cinema muto, protagonista il mito di Sarah Bernhardt e i resti della Belle Époque.
Un continuo intrecciarsi della Storia con la vicenda di una diva, tra le acclamazioni in teatro (un teatro cupo, in disarmo, mal ridotto) dei suoi adulatori, con le improbabili relazioni amorose con il solito conte devoto alla Ragion di Stato (ovviamente in incognito, e questa volta per sin più bamboccione rispetto alla media della categoria) fino alla sfida con un’altra donna per conquistare l’esclusiva sull’amato.
A scandire il tempo della vicenda c’è sempre la guerra e quel palcoscenico, che ruota di tanto in tanto, presso cui i fatti si svolgono, con improvvisi sprazzi di luce (sapienti!), immerso nell’oscurità sempre più nera, amara.
Il palazzo di un principe diventa corsia d’ospedale. E lei, Adriana, alla fine, scesa dalla ribalta e disperata, avvelenata dalla rivale, mutilata nel fisico, rimane la sola protagonista del film della propria vita ormai ai titoli di coda…
È questa l’idea registica che Davide Livermore ha coerentemente sviluppato per la nuova produzione monegasca di Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, messa in scena a novembre nell’occasione della Festa Nazionale del Principato sul moderno palco del Grimaldi Forum.Così, per una volta, ascoltare Adriana non si tramuta nel solito one woman show concepito per esaltare la star del momento : negli anni, è stato un successo incondizionato se portato in scena da Renata Tebaldi, Magda Olivero, Montserrat Caballé, Mirella Freni e, per citarne i nomi più recenti, Angela Gheorghiu e Anna Netrebko.
Lo spettacolo che ne deriva è coinvolgente e raccoglie un entusiastico consenso di pubblico, e diremmo davvero meritatamente.
Il Conte di Sassonia non è il solito bel militare in vacanza ma è, finalmente, parte integrante della vicenda scenica e perno dell’intrigo. La principessa di Bouillon ne esce spavalda e vendicativa, senza scrupoli, quasi brutale nel condannare a morte l’attrice che si è permessa di sfidarla. Efficaci, ma trattate in maniera più convenzionale le figure di Michonnet, del principe di Bouillon, dell’abate di Chazeuil e dei soci della Comédie.
Adrienne Lecouvreur : la leggendaria figura dell’attrice protagonista della vita teatrale francese dell’inizio del ‘700 e la sua misteriosa fine, su cui nulla vi è di certo, non avrebbero potuto far altro che diventare un bel soggetto per un’opera lirica.
Nel 1902 toccò dunque a Francesco Cilea, compositore dalla raffinata ispirazione melodica, che più che cedere alle lusinghe del verismo restò influenzato dalla musica di Massenet, rivestire di note una vicenda nominalmente antecedente di due secoli.
Nei fatti, il gusto per un sinfonismo leggero e discorsivo alternato ad una drammaticità a rischio di oltrepassare spesso il limite del credibile (se non, addirittura, di scivolare in una involontaria parodia…quanti interventi degli ottoni!) dà vita ad un’opera godibile. In questo caso, poi, posticipare la vicenda agli anni stessi in cui fu effettivamente composta la musica e richiamare l’arte cinematografica finisce per giovare tanto alla parte scenica quanto a quella musicale, che ancor meglio si fondono credibilmente.
Frequentatore delle principali scene liriche mondiali, Maurizio Benini dirige con sicurezza la partitura e trova gli accenti migliori nei momenti più tesi dell’opera come nei lirici cantabili del secondo atto. Adriana Lecouvreur, però, è anche opera dai momenti leggeri, come per esempio gli interventi dei Soci della Comédie, del Principe di Bouillon, dell’abate di Chazeuil : in queste occasioni, comunque importanti, ci saremmo aspettati una maggior leggerezza e nitidezza di suono, oltreché più varietà nella resa dei colori orchestrali, tali da sottolineare l’artificiosa frivolezza dei ruoli e contribuire a definire la cifra stilistica dell’opera.
Barbara Frittoli torna al ruolo di Adriana e con l’occasione ci restituisce una eccellente interpretazione scenica e vocale. Totalmente in parte, rievoca la gestualità delle dive del cinema muto primi ‘900 in una delle sue più convincenti esibizioni. Nel quarto atto, malata nel fisico e nell’animo, senza scadere nel verismo commuove per la spontaneità con cui affronta il finale dell’opera.
Vocalmente poi, pur se la voce non è insolente ed è talvolta afflitta da vibrato negli estremi acuti a piena voce, sfoggia linea vocale sicura e ben appoggiata, un timbro ideale per il ruolo, una musicalità, una precisione ed una dizione tali da consentirle tanto nel monologo iniziale quanto in quello del terzo atto di emozionare il pubblico, senza forzare, come raramente è dato di ascoltare.
Accanto a lei, Roberto Alagna è Maurizio, Conte di Sassonia, credibilmente nel ruolo di soldato. Tenore per definizione, Alagna, ad onta di estremi acuti che suonano aperti, si impone per la presenza scenica carismatica e la vocalità solare, facendo dimenticare le occasionali difficoltà che incontra nel dominare taluni suoni nelle note di passaggio.
Sicura e sfrontata la Principessa di Bouillon interpretata da Marianne Cornetti : domina la parte infondendovi quel tanto di volgarità e prepotenza che il ruolo prevede e riscuote un personale successo per via della voce ferma e potente, precisa e sempre ben emessa.
Meno convincente Alberto Mastromarino nel ruolo di Michonnet. Buona l’interpretazione dell’amico fraterno di Adriana, che non riesce a trovare il coraggio per dichiararsi alla diva, ma la voce suona affaticata nelle salite all’acuto e manca di corposità nel registro grave, ad onta di una dizione sempre pregevole.
Diletta Scandiuzzi, Loriana Castellano, Enrico Casari, Antoine Garcin sono quattro brillanti Soci della Comédie e completano con Alessandro Spina e Luca Casalin un affiatato gruppo di ottimi caratteristi degno contraltare alle vicende degli amanti.
Nel terzo atto, nell’attesa del monologo di Fedra che rappresenta la rivincita di Adriana ma al tempo stesso scatena la vendetta della Principessa che ne decreta la morte, Eugénie Andrin crea un balletto che ben richiama il gusto dei balletti di inizio novecento supportando idealmente la visione di Livermore.
Al termine della recita di domenica 26 novembre, ultima delle tre recite in cartellone, successo per tutti gli interpreti, applausi prolungati per Frittoli ed Alagna.
© Alain Hanel - Opéra de Monte-Carlo
Quest'articolo è stato scritto da Paolo Malaspina